
Ho incontrato Merlino stanotte e l’ho interrogato su questo mondo pazzo e sul suo destino.
Questo è il suo racconto.
“Guardo i miei capelli lunghi e seguo le volte che il grigio del tempo effimero disegna nel percorso mentre li pettino; compio gesti gentili e antichi e sento di averli già fatti, a me e a qualcuno che ho amato, sento il profumo di essenze che oggi non sono qui e mi concedo al ricordo di tempi trascorsi che hanno preparato questo mio oggi.
Non ricordo ma so; so di essere stato molte volte tra le donne e gli uomini di questa terra magica e difficile e di aver stretto cento patti in cielo prima di scendere di nuovo in battaglia.
Ho segni invisibili a ricordarmi di aver contenuto l’essenza maschile prima di oggi e prove innegabili del potere del mio femminile già vissuto, quello che mi ha salvato nella mia ultima battaglia e che oggi respira in pace con le braccia maschili segnate dalla guerra.
Per questo ho lasciato che i capelli crescessero e mi facessero somigliare all’anima antica che contengo, per questo lascio che si colorino dell’argento che ho imparato a cercare nell’equilibrio alchemico degli elementi.
Per questo soffro nel vedere la pazzia che dilaga.
Il mondo è pazzo, è pazza l’umanità intera e la follia ha dissolto il confine che separa benevolo il maschile dal femminile e rinuncia a stabilire qualsiasi primazia tra loro. Quel diaframma effimero non impone separazione, ma segna l’equilibrio e il connubio, permette di riconoscere e induce alla scelta.
Maschile e femminile nulla hanno a che fare con il sesso e col sembiante, sono simboli e testimoniano gli archetipi e la loro integrazione, assumono la forma delle metà perfette, sommano il loro immenso potere solo quando si fondono in un equilibrio ideale e senza più distinzione.
Ma questo mondo è pazzo e scambia con la forza l’involucro di carne ed ossa dell’uno con l’altra, generando un dolore diffuso e silente e disperdendo la conoscenza che mille formule antiche hanno conquistato, quella che ricordo così bene e che scorre tra i miei capelli.
Osservo da anni e da anni vedo sempre meglio e forse non vorrei vedere.
Cerco l’equilibrio nel mio maschile e dunque ho combattuto, per buone cause e per nessuna causa e finalmente ho smesso di cercare la battaglia come se fosse il percorso segnato del mio passaggio o addirittura la mia mèta.
Incontro Angeli caduti, donne che hanno perduto il femminile e sembrano ignare del dolore che questo provoca in loro, intente a servire il disegno maschile di un mondo che vuole mettere Mefistofele sul trono a cancellare quel meraviglioso equilibrio e il suo dolce confine.
La battaglia infuria ovunque, fuori e dentro le persone che abitano questo mondo ormai pazzo.
E a combatterla sono anche donne che si sono dimenticate di esserlo e di aver fatto un patto prima di venire in vita, di aver promesso di comprendere, generare e costruire.
Da quella promessa è disceso il compito che servono e il potere che possiedono. Questo mondo risuona dei rumori duri della battaglia che si consuma e uccide e ha disperatamente bisogno di quel potere. Quel potere deve irrompere nel mezzo di questa follia senza più argini e piegare il ferro forgiato da mani maschili senza più controllo.
Uomini impazziti si credono potenti perché combattono senza neppure chiedersi perché e infliggono ferite al mondo in cui morranno e dove lasceranno a vivere la loro progenie indifesa, senza più madri generose, senza compagne a proteggere e costruire.
Quelle donne vedo, che hanno creduto di voler essere uomini, di strappare dalle mani maschili il ferro e brandirlo esse stesse per conquistare il trono, trasformandosi in distruttrici e distruggendo infine se stesse.
La battaglia infuria fuori di loro e non ci sono donne a tessere la trama invincibile della fede, a custodire rifugi e fortezze nel cuore.
La battaglia si consuma dentro di loro che negano il femminile e tradiscono il compito che l’universo ha convenuto mille anni prima con sé stesso, quando ha scelto di dividere i simboli della sua perfezione perché si cercassero e si trovassero di nuovo, nelle donne e negli uomini e nel loro amore immortale.
Agli Uomini ha assegnato il compito di forgiare il metallo e istruire altri uomini, di essere pronti all’azione e di combattere e cambiare.
Alle Donne il potere del coraggio, la forza di cancellare la paura di cambiare, di essere certezza e nucleo immutabile a cui tornare al termine della battaglia, il Cuore che non cambia, protegge e continua costruire, pronto a donare, a generare e a sostituire ogni cosa che il cambiamento avrà portato via.
Nessuna prigione costruita con la forza può sopravvivere a questo potere, neppure le colonne solide del tempio trasformato in mercato e popolato da mercanti.
Ma molte donne sembrano aver dimenticato o scelto di non riconoscere quel potere per maneggiare il ferro delle armi create da un maschile altrui che hanno scelto come fosse il proprio. In questo conflitto non può esserci vittoria e neppure sconfitta, fintanto che il femminile non ritroverà la coscienza di sé, onorandola e consegnando al calore del Cuore il suo primitivo compito.
È femminile la mano che governa il fuoco maschile, per fondere quel metallo che le armi costruirà prima di ogni battaglia.
È femminile il richiamo che fa cessare il combattimento, assorbire il sangue nel terreno e rimarginare le ferite.
Il maschile deve tornare al suo femminile per fondere altro ferro e trasformare le lame in strumenti per dissodare, seminare, generare e costruire.
Il confine in realtà non c’è, come la riva morbida accoglie l’impeto delle onde e si fonde con esse e un attimo dopo essersi riconosciuto si abbandona e si perde.
Questo mondo è pazzo e lo è già stato, l’ho visto prima d’ora e ora vedo gli Angeli rialzarsi; questo mondo sarà salvato ancora.”
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