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Lo aveva rivisto pochi giorni prima, era stata lei l’ultima a incontrarlo e parlare con lui. Per questo era stata sentita a lungo dagli uomini di Scotland Yard e dall’ispettore Newman che si occupava di quel caso; che era diventato così famoso e aveva conquistato improvvisamente l’attenzione dei media.
Tutto per via di quella lettera, pensava, ma in realtà sapeva che c’era altro, che c’erano tutti gli ingredienti giusti per trasformare la sua sparizione in un evento su cui accendere i riflettori.
Lui era una persona speciale, diversa da chiunque altro avesse mai aiutato e portava con sè una ferita che ancora non gli aveva permesso di vedere bene.
Era un uomo noto, era anche molto bello, tanto da suscitare più di un pregiudizio per le sue scelte di vita e il suo passato, ma era altrettanto sensibile e colto e questo scombinava le carte.
Non era facile classificare una persona così, e quella società aveva un bisogno disperato di farlo, occorreva spiegare perché avesse fatto quella scelta.
Ma cercavano di scoprire qualcosa che non avrebbero mai potuto comprendere e quindi non avrebbero trovato niente.
Dopo il suo terzo interrogatorio, in cui non aveva ancora detto nulla che permettesse a Newman e ai suoi di fare un solo passo avanti nelle indagini, tornò al suo studio. Aprì la porta d’ingresso senza neppure accendere la luce e attraversò nella penombra la bella sala d’attesa quadrata e girò intorno all’unico divano e al tavolo basso dove molte volte lo aveva visto posare i suoi guanti e i suoi occhiali da sole, li portava sempre, seppure in quella città il sole non fosse così frequente e neppure tanto forte.
Si era detta spesso che non voleva rinunciare alla sua origine italiana, al suo passato, all’infanzia trascorsa al sole del Sud di quel paese dove le sue ferite gli erano state inflitte, ma dove aveva ricevuto il dono e la forza che lo avrebbero sorretto fino a quel giorno.
Del resto, era giunto da lei proprio per il suo nome ed il suo cognome italiani, o così le aveva detto la prima volta che l’aveva salutata e le aveva stretto la mano in quella stanza.
Ricordava il suo profumo forte e le sue maniere misurate, l’abito elegante e la luce inquieta che promanava dai suoi occhi. Aveva pensato che quello era davvero uno strano connubio e che si trovava di fronte a qualcuno fuori dal comune; molti anni di quel mestiere, nel mondo eclettico di Londra e della sua società alta, l’avevano abituata a non giudicare mai in fretta, ma di fronte a lei c’era qualcuno che sarebbe stato la sua più grande sorpresa e lei lo aveva capito subito.
Entrò nella sua stanza e si sedette dove lo aveva ascoltato raccontare sè stesso. Contò per la prima volta gli anni che erano passati da allora e si sorprese a constatare che era stato in terapia da lei per cinque anni e nei successivi cinque le aveva fornito il supporto e l’ispirazione per i suoi studi di maggior successo.
Aveva guarito un narcisista patologico, diceva la sua scienza, lo aveva fatto in un mondo innamorato di queste storie difficili e chic e quella storia si era presa un posto importante in Inghilterra e anche oltre, dopo l’uscita del suo libro.
Anche quel titolo “Tu quoque…My Love”, lo aveva immaginato lui, una mattina che, dopo la sua seduta, discutevano sull’importanza di un libro scritto da una psicologa che parlasse d’amore da un punto di vista maschile e senza la pretesa di analizzare niente, scherzavano sulle radici italiane e sull’amore per la cultura.
La stessa che lo faceva soffrire così tanto per l’odio che provocava nella sua vita, per la guerra implacabile che la donna di cui era innamorato aveva dichiarato a quel lato della sua natura. Lo stava avvelenando da anni, da quando la crisi economica, la perdita del potere e la precarietà avevano cambiato alcune cose tra loro.
Lui aveva deciso di abbandonare il mondo in cui aveva costruito il suo successo economico e di dedicarsi a coltivare la sua arte, ma questo non gli permetteva di continuare a mantenere i suoi privilegi e il loro stile di vita.
Non riusciva a credere che quella donna detestasse ciò che per lui era vitale, essenziale, la sua natura e il suo sé più profondo, ma non si era mai spinta fino a farlo interrogare sul sentimento che li univa, non era giunta a trasmettergli il suo dubbio sul fatto che non potesse essere amore quello di lei.
Non era quello il suo compito e lo sapeva bene.
Aveva capito presto di non aver incontrato un narcisista, ma un essere complicato e attraente, una meravigliosa dimostrazione della coesistenza del bene e del male e della perfetta armonia che può nascere dal loro difficile equilibrio.
Era un uomo buono e sensibile, ma era stato comunque capace di annientare i suoi nemici senza esitare quando questi avevano provato a tendergli la loro trappola. Non era ancora consapevole del suo dono e trattava la chiaroveggenza come lungimiranza e intuito e la preveggenza come puro istinto.
C’era una profonda sofferenza nel suo passato e finalmente un giorno le aveva rivelato un piccolo pezzo di quel dolore, apparentemente legato a suo padre ed ai suoi abusi, ma in realtà nutrito dal tradimento di una madre che era rimasta a guardare.
Per questo aveva impiegato ogni energia nel conquistare ogni donna che aveva incontrato, per appagare il suo ego, in apparenza, per implorare di essere visto, in realtà. Mendicava l’amore da una vita intera.
Amava profondamente la sua donna, sua moglie, la madre dei suoi figli resi famosi da quel racconto che le aveva permesso di scrivere; “Tu quoque…My Love” era diventato un best-seller in poche settimane e lui era stato riconosciuto.
Nel libro c’era una poesia scritta da lui. Era dedicata alla donna che avrebbe voluto avere accanto, era un disperato appello al suo amore di una vita a riconoscere e accettare la sua fragilità e la sua anima.
Quella poesia era diventata famosa, ma il suo amore l’aveva odiata, credendo che nascondesse l’amore per un’altra donna e un tradimento, detestando che rivelasse il volto profondo di un uomo diverso da quello che lei aveva voluto.
Sapeva dei loro scontri. Non andava più in terapia da tempo, ma le scriveva ogni tanto e le sue lettere erano bellissime.
Sapeva dei problemi economici degli ultimi anni, sapeva che non derivavano dalla crisi generale che aveva colpito la Gran Bretagna e il mondo, ma che erano la conseguenza inevitabile delle sue scelte, e anche lui lo sapeva.
Avrebbe avuto la forza e le risorse per superarli se solo avesse avuto accanto l’amore.
Ma il narcisista era vittima della sua sensibilità e del suo disperato bisogno di approvazione e amore; non era mai guarito dal narcisismo, semplicemente perché non ne era mai stato malato.
Era scomparso da una settimana quando Scotland Yard aveva fatto la sua apparizione nel suo studio per interrogarla, era stata sua moglie a indirizzarli da lei, non aveva mai nascosto la sua avversione per quella relazione professionale e non si sarebbe sorpresa se lei avesse detto anche altro sul loro conto.
L’ispettore Newman non era in grado di comprendere quello che lei aveva provato a indicargli, sfumature impercettibili a quel tipo di umanità, e aveva sequestrato tutte le sue lettere.
Non era giusto e neppure legittimo, ma quell’investigatore un po’ rozzo diceva che una di quelle lettere conteneva la soluzione di quel caso, secondo lui.
Quella lettera era finita, senza che qualcuno potesse spiegarlo, sulla pagina web di un tabloid molto famoso ed era stato un attimo, era diventato un caso; un caso giudiziario e un caso letterario.
Era diretta a sua moglie, all’amore della vita e conteneva le sue scuse. Per il tradimento della fiducia, per la delusione e per il fallimento dei progetti insieme.
Era completamente disarmato quando l’aveva scritta e li c’era la sua essenza, la fragilità estrema e il suo grande potere, la parola.
La lettera era solo la prima di molte altre che componevano una raccolta scritta in almeno dieci anni; quella raccolta era diventata un libro e il libro era in mano a un editore, che lo avrebbe pubblicato se avesse ritenuto che potesse avere successo.
Dopo soli tre giorni da quando quella lettera era apparsa sul web, l’editore aveva capito di avere tra le mani qualcosa di speciale e aveva annunciato la pubblicazione del libro. La campagna pubblicitaria era partita in meno di 24 ore ed era stato lui ad organizzare ogni dettaglio. All’editore, insieme al libro, aveva consegnato istruzioni dettagliate.
Il libro sarebbe uscito tra sei giorni e da quello precedente era iniziato il count-down e la raccolta delle prenotazioni.
L’editore aveva firmato un impegno a staccare un assegno come anticipo e quel giorno quella cifra era stata consegnata a sua moglie.
Probabilmente avrebbero avuto di che vivere agiatamente a lungo.
La lettera concludeva dicendo: “perdonami, amore mio, per aver inseguito la luce della mia ispirazione e il richiamo della mia anima così a lungo.
Mi ha condotto, infine, al termine di un viaggio di scoperte e meraviglie e adesso posso lasciare questo mondo che non ha altro da insegnarmi.
Ti lascio il mio racconto e i suoi frutti, una piccola eredità che permetterà a te, a Gabriel e a Harris di seguire il richiamo del vostro cuore.
Perdonami per non aver dedicato sufficiente attenzione a ciò che desideravi davvero.
Grazie amore mio per avermi accompagnato fin qui”.
Aveva preso l’ultima auto che gli era rimasta, tra le tante che aveva posseduto e amato, ed era partito per una corsa sulla sua strada preferita.
Lei sapeva che non aveva cercato la morte, ma si era lasciato condurre dal suo potere e dalla sua fiamma, senza più cautela e senza alcun pensiero con sé.
Le aveva scritto.
“Sogno il giorno in cui correrò su una strada magica e perfetta, in cui seguirò le curve e l’asfalto con il cuore leggero e amerò me stesso al punto di non chiedere amore a nessun altro, ne avrò io per tutti e lo lascerò qui.
Sentirò il vento e vedrò Dio, ci sarà il sole.”
C’era il sole quel giorno.
…te be continued…
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