In Loving Memory

È prossimo il giorno della commemorazione ed è appena trascorso quello del ricordo di una persona speciale. Oggi rendo onore alla sua memoria.

«L’uomo non ama il cambiamento, perché cambiare significa guardare in fondo alla propria anima con sincerità mettendo in contesa se stessi e la propria vita. Bisogna essere coraggiosi per farlo, avere grandi ideali. La maggior parte degli uomini preferisce crogiolarsi nella mediocrità e fare del tempo lo stagno della propria esistenza».

Forse questa citazione di Erasmo da Rotterdam sarebbe piaciuta a Massimo, che alla mediocrità non si è rassegnato e di tempo ne ha avuto meno di quanto credeva.

O forse, leggendola, mi avrebbe mandato al diavolo, ruvidamente e senza riserve, e avrei riso della sua franchezza, sentendomi suo amico proprio per quella.

Un po’ di tempo è passato da quando è andato via, oltre questo mondo che si crede reale e si prende così sul serio da provare, ancora, a giudicarlo.

Alle persone speciali succede così. Di essere al centro a prescindere, senza volerlo o chiederlo, di animare discussioni altrimenti insulse con le cose fatte, prima di tutti e meglio, di esistere anche dopo, di rimanere.

Quel giorno mi ha scritto per dirmi grazie a suo modo, cioè senza dirmelo. Perché grazie può essere la parola che conclude, suggella, finisce e Massimo non aveva finito, non avrebbe finito, non qui almeno.

Ma voleva ringraziarmi per aver fatto del mio meglio.

Come a lui avevo visto fare, quando ha agito e non promesso, quando ha provato senza garantire nulla, tutte le volte che ha fatto del suo meglio.

Quel giorno veniva dopo un viaggio a Roma e un incontro andato bene, diverso da quelli che lo avevano preceduto, senza promesse vane e interludi solenni, soprattutto senza tornaconto e senza prezzo.

Questa differenza aveva peso, per me e per lui, ma io non ne avrei parlato, lui invece lo ha fatto.

Ha usato le sue parole forti e non grevi, oneste e affilate.

“Quelli non avevano capito niente” (qui ho usato un trucco) “per forza tutto è difficile così. Ma faremo bene, abbiamo tolto di mezzo il pregiudizio”.

Poi siamo andati avanti, facendo del nostro meglio e mi ha consegnato la mia responsabilità dicendo “adesso tocca a te, devi scegliere cosa fare da grande”.

Non avevo dubbi neppure in quel momento, quindi ho atteso qualche giorno solo per forma, inutile come qualsiasi altra convenzione, soprattutto con lui, e gli ho detto che ero pronto. Massimo non ha neppure finto di essere sorpreso o contento, lo sapeva ovviamente dal primo momento e non ha fatto nulla per nasconderlo.

“Bene” mi ha detto, “ci vediamo presto, ti chiamo io”.

Non ha potuto più farlo e dovrò attendere per poterlo rivedere, ma non importa.

Ho imparato abbastanza da lui, a sentire bene cosa conta per me e a fare di tutto per realizzarlo.

Sono io a dovergli dire grazie, e visto che per adesso non può mandarmi al diavolo, glielo dico così, a modo suo.

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