MEZZO CUORE

“È davvero una follia decidere di vivere tutta la vita con qualcuno prima di sapere come sei fatto tu”. (Black-ish)

ASCOLTA: https://music.youtube.com/watch?v=5tDtNUEKZDQ&feature=share

Immerso nel silenzio amichevole di una mattina incerta, provo a ripassare a mente gli ultimi eventi, i fatti, e solo quelli, che mi hanno condotto qui. La mia intenzione è onesta, ma c’è qualcosa che ho camuffato talmente bene e per così tanto tempo che adesso sembra far parte dello sfondo dei miei pensieri, è diventata quasi una delicata firma di nuvole in un cielo apparentemente terso, naturale e immobile sembra esserci sempre stata. Ed è proprio questo il suo potere e la sua maledizione, essere sempre lì, esserci sempre.

Questa volta – però – il fondale artificiale si è quasi strappato, un lampo è sfuggito a chi l’ha brandito e scagliato durante il combattimento e senza controllo ha trafitto proprio quel cielo incantato e posticcio; ora c’è una ferita nel mio mondo di bugie che credevo innocue e non posso più negarla, e forse non voglio neppure.

Sarò pronto? 

Come posso sapere se ciò che mi ha trasformato così a lungo da farmi credere di essere davvero questo deve essere abbandonato ora?

Compio i miei gesti abituali e amati e trovo conforto nel loro automatismo consapevole; conosco il posto di ogni cosa, il tempo della teiera ed il suo squillo discreto, il filo di vapore che sale morbido dal suo coperchio lucido e le volute lente e cristalline che il mio te sprigiona nella tazza trasparente.

Mi muovo senza sforzo e sento l’amore delle altre creature che dividono questi momenti con me, come ogni giorno.

Ho letto molto e ricordo sempre ciò che le mia mente pareva aver lasciato indietro, quando essa depone le armi e smette di controllare ogni cosa, ecco che compare un segno del mio Angelo e ha sempre la forma che amo di più.

Mi giungono parole e risuonano, scorrono davanti ai miei occhi e mi dicono qualcosa di me che credevo di non sapere, qualcosa che credevo di non poter avere, qualcosa che ho rinunciato a volere.

“Ho vissuto molto, e ora credo di aver trovato cosa occorra per essere felici: una vita tranquilla, appartata, in campagna. 

Con la possibilità di essere utile alle persone che si lasciano aiutare, e che non sono abituate a ricevere. 

E un lavoro che si spera possa essere di una qualche utilità; e poi riposo, natura, libri, musica, amore per il prossimo. 

Questa è la mia idea di felicità. 

E poi, al di sopra di tutto, tu per compagna, e dei figli forse. 

Cosa può desiderare di più il cuore di un uomo?”

Non ricordo esattamente quando ho incontrato Lev Tolstoj per la prima volta, e neppure quando ho letto questa cosa; era il suo titolo a farne per me un tesoro inestimabile, un miraggio venuto a soccorrermi mentre annaspavo in un deserto di rabbia a rancore e cucivo con il ferro le ferite che mi lasciava mio padre, mentre mia madre guardava senza muovere un dito.

Si chiamava “Felicità familiare”.

L’ho immaginata qualche volta, poche volte, sempre meno.

E al suo posto ho costruito desideri più grandi e audaci e ho camminato su strade perfette per me, per proseguire quelle da cui provenivo e che parevo rinnegare. Ma come avrei potuto?

Odiavo l’odio ricevuto e lo nutrivo al contempo perché crescesse in me e potesse vendicarmi.

Non ho mai visto l’amore, ma sapevo da prima di questa vita che esiste e ci credevo come credevo ai maghi e alle fate, agli spiriti della foresta, ai fuochi fatui e agli sciamani, agli animali dotati della parola e ai guerrieri senza paura.

Tutto quello che ho conosciuto tra le pagine mi ha nutrito e mantenuto in vita, e presto sono stato abbastanza forte da lasciare la mia gabbia e correre incontro al mondo con quel formidabile addestramento; così correvo “contro” il mondo ogni volta che osava dirmi che cosa fare.

C’era anche l’amore in quelle pagine, ma io non sapevo come riconoscerlo.

Così l’ho cercato in ognuna delle cose che conquistavo e mi sembravano tesori, negli occhi che mi guardavano e sembravano interessarsi a me, tra le braccia e le gambe di chi voleva avermi per sé e chissà perché.

E poi mi sono fermato per un pò, mi sono perduto negli occhi più belli, nei più sinceri e nei più dolci. Era finalmente raggiunta una meta, c’era un approdo e non importava che fosse incerto e poco consapevole, non sapevo nulla dell’amore e credevo che due stelle a metà potessero generare un astro luminoso e perenne. Stavo nascondendo il mio lato oscuro e mi fingevo spezzato per raccontare la mia storia e dimostrarti che insieme avremmo riempito il nostro vuoto; non sapevo nulla di te, ma vedevo che ti mancava un pezzo come a me e non potevo sapere che nascondevi anche tu la tua ombra, senza saperlo, come me, ti credevi divisa e cercavi là fuori la tua parte mancante.

Ne abbiamo fatta di strada da allora, insieme, o almeno l’uno accanto all’altra. 

E siamo caduti più di una volta, e ci siamo affrettati a rialzarci e a cancellare le tracce della caduta, abbiamo ripulito in fretta e senza attenzione i graffi sulle ginocchia sbucciate e lavato il sangue perché non ci tradisse e in fretta abbiamo ripreso il cammino. Ci tenevamo per mano all’inizio, avevamo paura del mondo e fiducia in noi; poi il mondo ci ha dato cose e le abbiamo prese tutte e una mano sola non era più sufficiente e sono servite entrambe.

Da due metà abbiamo fatto un cuore e si staccavano pezzi che si perdevano dentro di noi, ma credevamo di poterli sostituire con ciò che riempiva i nostri abbracci fuori da quel cuore incerto; così abbiamo fatto entrare altre cose e altre persone che ci parevano giuste per riparare i danni, riempire il vuoto, sostituirci dove non eravamo più voluti, non più necessari.

Schemi inconsapevoli si sono ripetuti in me e mi mostrano oggi quello che ho dimenticato di onorare in questo cammino e forse è così anche dal tuo lato di quel cuore.

Ci siamo avventurati fuori dal sentiero battuto con curiosità e speranza, senza nulla da perdere e forse i nuovi passi che muoviamo cauti ci indicano la direzione. Ci dicono dove l’anima che siamo vorrebbe condurre il corpo che abbiamo.

Abbiamo usato cose per sopravvivere e persone per illuderci di amare ed era tutto perfetto e giusto, proprio come lo è adesso che sappiamo capire e andare avanti o almeno potremmo saperlo.

Ho visto dov’è l’altra metà del mio cuore ed è al suo posto dentro di me. Dovrò perdonarmi per averti tradita e ti chiedo perdono per averti tradita, ti ringrazio tanto per avermi prestato la tua metà del cuore quando mi hai salvato dal buio a cui provavo a sfuggire e per avermi accompagnato fin qui.

Lavorerò con gioia per ripagare ogni mio debito e terrò per me solo quello che mi serve davvero per essere me.

Mi piace questa mattina pallida e incerta, il cielo danza e c’è uno strappo riparato dov’era quella nuvola disegnata e immobile.

Mi piace questa solitudine e non ho più paura.

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