NISHABDH

“Un uomo è malato solo perché non sa stare immobile” (proverbio indiano)

Odio le parole e le amo.

Questo mondo è l’amplificatore instancabile di un suono incessante, ossessivo e onnipresente, un brusio senza fine che fa da sottofondo ad ogni attimo vissuto in superficie, la superficie che per tutti (o quasi) è diventata vita.

Parole che si diffondono senza ordine, né armonia, suoni indistinguibili che hanno deturpato anche la musica e si inseguono e fluiscono a fiotti da una sorgente invisibile e collettiva, alimentata dai pensieri compulsivi di ognuno.

Ognuno intento nell’impossibile impresa di riempire il vuoto che gli provoca paura, generato dall’espianto silenzioso e definitivo del cuore.

Ma non sono solo le parole a produrre quel suono invadente e distorto, anche le braccia e le gambe che si muovono senza sosta, i pensieri che si inseguono frenetici e il tremore malato del genere umano, incapace di fermarsi, di respirare profondamente e di contemplare la meraviglia che è stata creata per accoglierlo.

Se osservate attentamente parlare la maggior parte delle persone con cui venite in contatto, vi accorgerete che lo fanno quasi senza respirare, il ritmo dei suoni che emettono è strozzato, spezzato, in ritardo; difficilmente vedrete qualcuno rallentare o fermarsi in una pausa consapevole, a prendere fiato, a far entrare nei polmoni e nel sangue la giusta quantità di ossigeno.

E lo stesso vale per voi, quando vi ritrovate esausti dopo una conversazione tanto lunga e intensa da avervi lasciati quasi cianotici e con il cervello confuso.

Intanto corriamo ovunque scivolando sulla superficie, ma non andiamo verso qualcosa, ci allontaniamo da ciò che ci spaventa e parliamo: di come alleniamo il corpo per sembrare più sani, di come compriamo cose per essere riconosciuti e guadagniamo denaro per non rimanere soli.

Parliamo per sopravvivere all’ansia, alle preoccupazioni, agli eventi e alla paura della profondità, del buio e di noi.

Odio le parole, dunque; quelle che coprono la polvere arida e senza vita, che si inseguono nel vuoto, che raccontano bugie, che imbrogliano su tutto.

Amo le parole, invece; amo il loro suono armonioso e perfetto, la forma che danno alle emozioni, il colore con cui dipingono gli istanti che neppure un obbiettivo sensibile saprebbe immortalare.

Amo le parole piene di sé, quelle che descrivono la bellezza e le sue imperfezioni, quelle che richiedono presenza per essere trovate, che comportano una responsabilità quando vengono pronunciate e che diventano un tempio eterno se vengono scritte.

Parole scritte, che restano ferme e, immobili, trasmutano il sentire e ne fanno materia senza essere materiali. Le parole scritte sono miracoli generati dal suono originario dell’universo che ha accettato di attraversare il mondo, di immergersi nel suo fango e risorgere dalla sua luce, di prenderne la forma.

Molte parole alimentano il ronzio assassino dell’umanità dormiente; poche parole condensano il suono di Dio e lo offrono a chi vuole risvegliarsi.

Le chiacchiere senza controllo si dimezzano e poi si dimezzano ancora e ancora e attraversano molte volte il filtro che le porterà su una pagina bianca, immobili e perfette.

Quelle parole possono essere lette in silenzio e allora producono un altro suono, diverso e armonioso e incontrano da sole la loro musica, una melodia che appartiene al mondo senza tempo ed è riemersa dalla profondità.

Le parole possono essere inutili e disperdersi nel vento mentre tentano invano di aggrapparsi all’apparenza che non ha significato, numerose e disordinate, possono distorcere anche il significato dell’amore.

Dire “ti amo” è facile, si può negare, si può cancellare e può non essere mai stato detto.

Scrivere “ti amo” sembra altrettanto facile, ma rimane per sempre. Anche il segno sul foglio da dove è stato cancellato ricorda che era impresso lì, è stato scritto ed è stato letto dal cuore a cui era destinato.

Un amore può finire e se è stato detto non sarà mai esistito.

Una storia d’amore scritta esisterà anche dopo essere finita, nel cuore di chi l’ha letta e ha riconosciuto quelle parole potenti e autentiche.

Avete mai provato a scrivere a qualcuno che l’amate?

Senza mani che si toccano, senza carezze, senza sguardi e senza corpo, avete mai toccato e accarezzato qualcuno, avete mai conquistato gli occhi di chi amate e ci avete mai fatto l’amore?

Sono le parole a permetterlo, sono le parole a compiere la magia.

Parole senza peso che sprechiamo per illuderci di non morire e parole che rimangono per sempre e ci sopravviveranno, rendendoci immortali.

Parole che non valgono nulla e parole che sono tutto. 

4 risposte a “NISHABDH”

  1. Splendido post, soprattutto nella parte finale.

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      1. Grazie a te per la risposta! 🙂

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  2. Le parole sono portatrici di energia, è importante non disperderla…
    Si parla anche stando in silenzio e questo è ricco di parole cariche di energia positiva

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