ASCOLTA:
“I hope you heal from the things you don’t talk about”
Avrei voluto averlo quel dono, quello della voce.
Avrei cantato a squarciagola, a lungo e ovunque, così che le parole delle mie canzoni avrebbero raggiunto il maggior numero di persone, le loro orecchie e i loro cuori.
Amo chi ha il dono della voce, chi sa farsi sentire, chi può raccontare di sé in rima e note, amo le voci forti e limpide e quelle rauche e potenti, amo il suono che Dio ha consegnato loro perché rivelino il suo potere attraverso quelle canzoni. Che fanno commuovere, ridere, correre e amare.
Non ho avuto quel dono, ma possiedo parole silenziose. Parole che nascono senza chiedere, nel silenzio, senza voce; parole che fanno fatica a lasciarmi anche dopo che le ho deposte delicatamente e in ordine sul foglio.
Parole che sono le mie mille figlie innamorate, che mi chiedono con speranza di essere scritte e custodite fino alla fine dei miei giorni; le conosco, le ricordo e le riconosco, una ad una, mi tornano in mente e chiedono di essere lette e a volte riscritte, e sempre di non essere dimenticate. Sono ignare che io non posso dimenticarle.
Ho fogli di carta pieni di parole, e cassetti pieni di fogli di carta, e stanze piene di cassetti, e una vita con mille stanze per scrivere, conservare e leggere le mie parole.
Sono fragili e delicate, a volte, e a volte sono forti come l’acciaio e taglienti come lame impietose e le mie mani hanno cicatrici per averle scritte ed essermi distratto.
Le mie parole sono me.
La fragilità e la sensibilità non voluta.
Le ferite nascoste e il desiderio di fuggire da chi le ha viste.
Il Giudizio.
L’amore per me.
L’amore per te.
Il demone.
L’angelo.
La malattia.
La guarigione.
Sono ferme tra i miei pensieri e l’anima, tra la penna e il foglio, tra il mio cuore e il tuo cuore, sospese.
Vorrei avere voce per cantarti questo, ma ho un dono silenzioso e le mie parole con me.
Ora mi chiedono di dirti che anche se non ci sei, qui c’è un pò di te, nelle cose qualunque e in quelle che hanno il tuo odore. Che c’è il ricordo del tuo profumo e del mio male, e dei tuoi occhi che l’hanno guardato senza paura né disprezzo, né delusione, né derisione, perché mi ami e sai credere e sai sperare.
Musica e note ora si sottomettono e obbediscono, si levano dal silenzio e riempiono il foglio mentre ci scrivo le parole per te…”la-da-da-da-da…la-da-da-da-da…”
(ASCOLTA: https://music.youtube.com/watch?v=HQXPxR6yZoA&si=CQetnjefJUuZvd5S)
Se fossero musica, le mie parole ti guarirebbero; tu che dici di essere forte e libera, ormai.
Ti guarirebbero da questo amore che non ha voce, né note, solo parole e silenzi e distanza e cose che sappiamo già.
Queste parole sono me e sanno tutto, che non c’è male senza cura, né futuro senza orizzonte, e che le parole valgono quanto la voce, le note e la musica per chi vuole leggerle, ascoltarle e portarle nel cuore.
La mia malattia non ha una cura, come non ce l’ha il male che tieni segreto e non vuoi riconoscere.
Questa malattia è la cura.
Da un male che non si vede nel mio mondo e che bandisci dal tuo. Che ha contagiato il resto del mondo, con la materialità, la superficialità, l’indifferenza, l’egoismo, la freddezza, l’abbandono e la solitudine.
Se avessi voce manderei in frantumi il velo di cristallo che ci divide e mi costringe a rimanere a guardare come scorre, apparentemente senza scosse, dubbi e domande, la vita tua e quella degli altri.
Ma questo diaframma sottile sta proteggendo la mia anima dalla polvere e dal veleno che ha reso tutti quelli di là normali.
Allora – forse – io e te e tutti quelli come noi non siamo condannati a soffrire, ma siamo stati benedetti da questo dolore, che ogni giorno ci fa apparire labile e lento il battito del nostro cuore ma ci fa sentire fortissimo quello degli altri.
Allora le parole senza voce che scrivo e non posso cantare e affidare al vento perché le diffonda ovunque dovranno essere scritte ancora e ancora, finché non raggiungeranno te e chi come noi custodisce cose di cui non può parlare a nessuno.
Ho creduto a lungo di voler cambiare le parole con la voce, scambiare la mia vita con quella di chi possiede il tesoro di essere uguale agli altri e vivere come loro.
Ho pensato che, se lo avessi avuto, l’avrei chiuso a chiave dentro di me e custodito per bene.
Poi ti ho incontrata e ho riconosciuto il mio dono e le sue parole, che avevano posto ed erano già da sempre chiuse dentro di me.
Non so se ti avrò mai accanto per guarirti e non so se guarirò, ma sono grato al cielo per il suo dono, per te e per le mie parole.
Tu e le mie parole mi costringete a tenere aperto il cuore, per sempre.
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