GUARIRAI

“Ya Pihi Irakema”

(“Una parte di te è entrata in me, dove vive e cresce” – lingua degli indiani Yanomani)

Ti ho scritto che non puoi guarirmi, e che io non posso guarire te.

Ma hai trovato la mia chiave e con quella hai raggiunto le cose che custodisco in profondità e che a nessuno è permesso di vedere, non ne hai avuto paura e le hai accarezzate con dolcezza. Così le corde che erano silenziose da tempo hanno ripreso a vibrare e adesso producono melodie che mi permettono di credere.

Prendo la tua mano mentre si ritrae dal cuore a cui ha ridato vita e ti leggo la mia promessa, scritta nel tempo del risveglio e della rinuncia.

Non posso sollevarti dal peso che porti. La vita l’ha imposto alla tua anima giovane e spaventata e io non ero lì con te. 

Adesso sono qui, anche se non puoi vedermi, e mi siederò accanto al tuo sgomento e gli parlerò, lo renderò docile e impedirò che ti faccia troppo male. Veglierò sulla tua mancanza, che trattiene l’aria nei tuoi polmoni e quando dormirai riempirò il vuoto che si è fatto nel tuo petto, così che la mattina dopo potrai sorridere al sole o alla pioggia, senza mai più provare malinconia o tristezza.

Porterò il tuo bagaglio finchè non arriverai a destinazione e ti sarò fedele come lo sherpa che segue il suo Maestro, come quel devoto servitore sarò pronto a rischiare ad ogni insidia, ad ogni curva del cammino che ti conduce ai luoghi di Dio.

Veglierò sui tuoi figli per lasciarti dormire e ti sveglierò quanto chiameranno il tuo nome, perché sia solo il tuo volto che vedono condurli in salvo dai loro brutti sogni.

Sarò silenzioso mentre sistemi le cose che porti con te da allora e sussurrerò alla tua mente mentre ti disfi di loro, con le lacrime che ti rigano il volto; ti aiuterò a scegliere cose nuove che faranno nuovo quel tempo.

Ti lascerò guardare il cielo grigio e affondare un po’ nello sconforto, prima di soffiare forte sulle nuvole perché lascino che il sole ti si mostri e restituisca la luce ai tuoi occhi e la fede all’anima che abita in te.

Non potrai vedermi, ma mi stenderò accanto a te nelle notti in cui tremerai per la paura di non ritrovarmi e canterò sottovoce alle tue orecchie la canzone che stasera hai mandato a ridarmi vita; mi sentirai lì.

Condurrò da te amici e amiche che ti amino senza riserve e dirò a tuo padre che non ho mai mentito e che ti amo come il giorno in cui gli ho detto della mia prima promessa tradita.

Chiederò perdono a chi ti ama da sempre e maledice che tu non possa amarlo mai, per colpa mia. Convincerò chi ti vuole possedere a rinunciare alla sua prepotenza e alla vendetta; in cambio gli lascerò prendersi il mio nome e fare a pezzi il mio cognome.

Terrò buone le tue ombre, che io ci so parlare e tu lo sai. Lascerò che ti prepari prima, che addestri la tua luce e che tu sia pronta, e durerà tutto il tempo che serve.

Ti guarderò partire e custodirò la tua casa che avrei voluto fosse anche mia e sarò già lontano al tuo ritorno, ma ci sentirai il mio profumo e potrai chiamarmi, ogni volta che vorrai, e arrabbiarti con me e maledirmi per averti abbandonata.

Ci sarò finchè il mio volto diverrà sbiadito, finchè non guarderai più le nostre foto, finchè non proverai più dolore pronunciando il mio nome che, infine, dimenticherai.

Arriverà la vita ancora, il riso a cui ora non credi più tornerà sulle tue labbra, il tuo cuore ricrescerà dove dici che niente avrà più posto e ci sarà di nuovo l’amore e il tuo presente avrà il futuro che credevi ti fosse negato per sempre.

Sarai bellissima e forte, libera e senza paura.

Guarirai da me.

A Lucy, nell’ultimo pomeriggio d’amore rubato all’oblio.

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